
Dura storia di una immigrata dell’Est giunta in Italia accecata dal sogno di una vita diversa. Una luce che non trova negli anni, Svetlana che la vita ha fatto sentire invisibile giustifica tutto e tutti e come una donna in ombra nel paese del sole, rimane abbagliata dal primo uomo che la vede per la prima volta. Ma questo sguardo non è d’amore. Lui la considera una cosa sua, le nega ogni possibilità di riscatto attraverso un rapporto morboso e violento che si conclude in un atto drammatico attraverso il quale lei finalmente troverà la luce. Svetlana non capirà mai il suo valore e quanto le sue scelte di vita fossero legate ad una totale assenza di stima in sè stessa e all’incapacità di superare un passato di fame e violenza che l’ha resa tutta la sua vita incapace di ogni reazione.
Note di regia
L’intero monologo è stato costruito dal punto di vista registico attraverso la creazione di uno spazio scenico in cui al buio totale, rappresentativo dell’assenza di consapevolezza della protagonista di essere un essere umano, una donna, si contrappone all’uso di luci non teatrali accecanti. All’invisibilità dichiarata tante volte dalla protagonista si contrappone una luce accecante, quella luce SVET tanto cercata che l’ha resa cieca di fronte ai soprusi e alle ingiustizie. La luce è il sottotesto marcato dalla regia, quella stessa luce che ogni uomo o donna deve trovare in sé stesso
